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Le Ali dell'Autotrasporto
Golia - Le Ali dell'autotrasporto

Oltre Le Ruote c'è di più - Episodio 5 - Giovani e Autotrasporto, quale futuro?

22/12/2021

Quando ci insegnano a immaginare il nostro futuro, da bambini, la prima cosa che ci chiedono è che lavoro vorremmo fare da grandi.

Un chiaro segno che lavoro e identità, nella nostra cultura, viaggiano insieme. Sono co-piloti.

Da piccolissimi, siamo affascinati dalle cose comuni. Giochiamo con le pentole, le spazzole e gli attrezzi da lavoro. Ci interessiamo alle cose di uso quotidiano. 

Poi iniziamo ad avere i nostri gusti, chi le bambole, chi le costruzioni, chi gli animali, chi i camion e i trattori. 

Crescendo iniziamo a capire cosa sia l’ambizione e ci immaginiamo fare cose incredibili come gli astronauti, i ballerini, i piloti di formula uno, i veterinari ecc.. Tutti lavori che, se osserviamo bene, hanno un certo prestigio, soprattutto sociale. 

Perché, è indubbio, il lato economico è interessante, ma non  ne comprendiamo pienamente il significato quando scegliamo che carriera inseguire. Da giovani, quello a cui realmente aspiriamo, è diventare qualcuno.

Lasciamo inevitabilmente indietro le cose che sembrano non avere una grande attrazione. Come quando da adolescenti ci sentiamo dire: ”Sei carino, ma non sei il mio tipo”

Della serie, vai pure dagli altri che io ho in mente altro. 

Da adulti capiamo che ci sono tantissime altre cose da tenere in considerazione ed avviene la nostra scelta, ci vestiamo della nostra identità. 

Ci sono lavori, però, che ci danno un’immagine di cui non andare fieri. Ci sono lavori che, a causa di troppi anni di  errati e pesanti retaggi, hanno creato identità falsate, distorte e che oggi non lasciano speranza ad un futuro, se non proviamo a immaginare come liberarli da questo peso. 

Il mondo dell’autotrasporto viene percepito come grigio, piatto, noioso e ripetitivo. 

Come può, il settore del movimento per eccellenza, essere percepito come statico?

Perché non facciamo in modo che i giovani lo osservino, lo percepiscano nel quotidiano e ne comprendano le logiche e le potenzialità?

Nessuno di noi ha mai visto un’azienda operante nella logistica da vicino ai tempi della scuola, nessuno di noi ha conosciuto studenti degli ITS o delle scuole di logistica, nessuno di noi conosce realmente il percorso degli oggetti che usiamo tutti i giorni. 

C’è qualcuno che le produce, che le impacchetta, che le va a prendere, che organizza il trasporto e che le porta fino a noi. Gli ultimi tre passaggi sono quelli legati alla logistica, direte voi. 

No.

Le materie prime? La componentistica?

Qualsiasi cosa, tutta la filiera della produzione, ha a che fare con la logistica e, di riflesso, con il trasporto. 

Facciamo conoscere questi processi ai giovani e tutte le loro infinite possibilità. Da social media manager di un’azienda, a CEO, da sales manager a trasportatore. 

Tante posizioni, quante sono le inclinazioni e le aspirazioni di ognuno. 

Nella logistica c’è, però, una mansione che nessuno vuole fare più: il camionista. 

Un lavoro che ha enormi problemi di fondo, si rimane camionisti fino alla pensione (perché non c’è possibilità di carriera) e non garantisce una vita sociale per i ritmi e i turni di lavoro. E questo, nella società di oggi, non è più possibile, tantomeno accettabile.

Il mondo del lavoro è cambiato, nessuno fa lo stesso lavoro per 40 anni, nessuno di noi rimane fedele ad un’azienda come ai tempi di Olivetti. Non tanto perché, oggi, nelle aziende non ci siano le possibilità di rimanere o perché i rapporti lavorativi siano meno umani, ma perché siamo tutti più dinamici. 

Abbiamo tutti bisogno di varietà, di stimoli differenti e di prospettive che assecondino le nostre ambizioni e i nostri obiettivi che possono e devono essere mutevoli. 

Dobbiamo accettarlo e rendere tutti i lavori possibili trampolini di lancio. 

Possibili, perché esistono persone che poi scelgono di rimanere, ma per chi non vuole farlo, dobbiamo garantire loro altre possibilità ed essere fieri di aver potuto dare loro un’opportunità. Dobbiamo essere orgogliosi di aver preso parte al loro processo di crescita. 

Come se fossimo dei formatori o degli insegnanti. 

Ecco che, se esistessero dinamiche in cui il camionista potesse avere delle skills riconosciute e spendibili anche negli uffici traffico o in altri settori, allora sarebbe diverso. 

Perché noi adulti ci lamentiamo che i giovani non hanno voglia di lavorare e di sacrificarsi, ma vi pongo una domanda: da genitori, sareste contenti di sapere che vostro figlio fa il camionista?

Io non credo. 

Ecco allora che ridare dignità ad un lavoro che l’ha persa da tempo e che non permette una vita normale al lavoratore è la prima cosa utile da fare. 

Prima dei fondi per le patenti, prima degli sgravi alle aziende per il costo del lavoro, prima di qualsiasi altra cosa, dobbiamo pensare insieme a come poter rendere il trasporto un settore che vorremmo poter far frequentare ai nostri figli.

 



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