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Le Ali dell'Autotrasporto
Golia - Le Ali dell'autotrasporto

Il lavoro dell'autista: dal carico e scarico alle ore giornaliere, quanto è sostenibile tutto questo?

10/11/2022

La rivoluzione spagnola. La data non è da cercare nei libri di storia, quanto nel presente. Dallo scorso 3 settembre, infatti, come riportato nel Real Decreto-ley 3/2022 del 1° marzo scorso e relativo al (citiamo e traduciamo) “miglioramento della sostenibilità del trasporto merci su strada e del funzionamento della catena logistica”, i conducenti professionali di veicoli con massa complessiva superiore alle 7,5 tonnellate non possono partecipare alle operazioni di carico e scarico delle merci o di imballaggi, supporti, contenitori e casse, tranne che nei seguenti casi:

● traslochi
● trasporti in autocisterne
● trasporti di aggregati o effettuati con veicoli ribaltabili
● trasporto in autocarri e carri attrezzi per il soccorso stradale
● trasporto di merce frazionata tra il centro di distribuzione e il punto vendita secondo quanto stabilito dal regolamento, servizi pacchi e ogni altro assimilato che comporti il ritiro o la distribuzione di partite di merce costituite da un numero ridotto di colli facilmente trasportabili manipolato da una sola persona.
● trasporto di animali vivi, presso i posti di controllo riconosciuti ai sensi della normativa comunitaria
● casi in cui le norme che disciplinano alcune tipologie di trasporto stabiliscono espressamente qualcos'altro in relazione alla partecipazione del conducente.

Una notizia storica e che cambierà molto nel mondo dei trasporti e della logistica visto che, come vedremo in seguito, i tempi di carico e scarico rappresentano – purtroppo – un danno economico (e non solo) per le aziende, oltre a possedere una componente psicologica da non sottovalutare per gli autisti.

RACCONTO DI UN CAMBIAMENTO

L’articolo 2 della legge 15/2009 dell’11 novembre è così modificato: “Le operazioni di carico della merce a bordo dei mezzi, nonché quelle di scarico della stessa, saranno effettuate, rispettivamente, dal caricatore e dal destinatario, salvo che prima dell'effettiva presentazione del mezzo per il carico, sia stato concordato in che corrispondono al vettore contro il pagamento di un supplemento rispetto al prezzo del trasporto”. Il culmine di un lavoro partito ad ottobre 2021, nato da due motivi scatenanti: uno è rappresentato dal tasso di infortuni sul lavoro che l’autotrasporto sostiene, l’altro concretizza la necessità di contrastare la carenza di autisti. Per quanto riguarda il primo punto ci viene in aiuto transporte3.com, referente per l’informazione spagnola in materia di trasporti e logistica, che cita alcuni dati relativi alla scorsa estate: secondo quanto riportato da Julio Villaescusa, presidente di FENADISMER, più di un terzo di tutti gli infortuni del settore riguarda i punti di carico e scarico, attività che confermavano di svolgere almeno il 70% dei conducenti professionali interrogati. Tutto ciò senza contare la stanchezza prodotta dalla tipologia di lavoro con conseguente pericolo per la sicurezza stradale. In secondo luogo, come riportato sempre all’interno del Real Decreto-ley 3/2022, in Spagna mancano circa 15.000 autisti, dato destinato ad allargarsi nei prossimi 10 anni visto l’età media elevata. Sgravando dalle operazioni di carico e scarico il parco autisti, infatti, si potrebbe rendere l’accesso alla professione delle donne più facile rispetto ai tempi attuali. Un lavoro di tutti e per tutti. Purtroppo, abbiamo appreso in queste ore di come, a partire dalla mezzanotte del 13 novembre e a tempo indeterminato, nella penisola iberica sia stato indetto uno sciopero proprio perché le nuove normative spesso non vengono applicate, ma un approfondimento resta comunque doveroso.

CARA ITALIA

Nel nostro Paese, secondo il CCNL di riferimento (Art.30), “l’autista non deve essere comandato né destinato ad effettuare operazioni di facchinaggio. […] l'autista deve collaborare a che le operazioni di carico e scarico dell'automezzo affidatogli siano tecnicamente effettuate”. Inoltre, prosegue il contratto, “l’autista è responsabile del veicolo affidatogli e, unitamente al personale di scorta, di tutto il materiale, delle merci e dei documenti che ricevono in consegna rispondendo degli eventuali smarrimenti e danni che siano ad essi imputabili, esclusi i casi fortuiti o di forza maggiore”. Una sorta di detto e non detto, che ci deve far riflettere soprattutto sui tempi di carico e scarico. Grazie ai dati tachigrafici provenienti dalla nostra piattaforma (per motivi di privacy, non renderemo nota l’azienda protagonista), abbiamo analizzato gli altri lavori (i “martelletti”, per intenderci) di un campione di dieci autisti per il mese di gennaio 2022 (comprensivo di giorni festivi). Un conducente, in media, è in quella modalità per poco più di 68 minuti al giorno. Ecco, a questi vanno aggiunte le nove ore di guida giornaliere (con un massimo di dieci per due volte alla settimana) che porta ad un totale approssimato per comodità a poco più di undici ore di attività. E non è finita qui. Perché snocciolando i dati di uno studio di Districò e pubblicato da Uomini e Trasporti l’affare si ingrossa: su 82.792 giornate lavorative analizzate tra registrazioni GPS e dati tachigrafici, in un arco di impegno medio di poco superiore alle 11 ore, sono circa 4 le ore in cui l’autista attende prima del carico/scarico. Una perdita enorme dal punto di vista economico per l’azienda (sempre lo studio parla di un’opportunità di crescita del fatturato pari almeno al 15%) ma soprattutto un danno per l’autista (aspettereste voi dal medico 4 ore?) e per la professione. Chi lavorerebbe a queste condizioni per più di 12-13 ore al giorno? A voi la risposta.

VISIONE AZIENDALE

Per avere un riscontro pratico e reale di quanto sta accadendo abbiamo contattato Gianpiero Cozza, Business Developement Director di SACOM, azienda attiva a Montesano sulla Marcellana (Salerno) che opera trasporti su strada dal 1977. “Le attività di carico e scarico, anche se non svolte dall’autista in se, hanno degli effetti deleteri dal punto di vista umano, sociale ed economico. Inutile dire, infatti, che un’azienda con il camion fermo in attesa vede il suo fatturato diminuire. Oltre al camion anche l’autista è bloccato, non può rientrare a casa dalla propria famiglia ed è costretto a dormire fuori. Questo rappresenta un danno personale, emotivo ed economico. Guardando alle cause – prosegue Gianpiero Cozza – riesco ad individuarne tre. Innanzitutto una mancanza di organizzazione tra committenti e destinatari per la prenotazione degli slot per il carico/scarico. Questi dettagli andrebbero chiariti già in fase di stesura dell’accordo. Poi c’è da dire che le vendite sono spinte maggiormente in determinati periodi del mese, fattore che crea un collo di bottiglia che si ripercuote sul trasportatore. Infine, occorre trasformare un approccio culturale ormai radicato che mette in secondo piano l’autotrasportatore. Come cambiare tutto questo? Chiarire subito la gestione carico/scarico quando si acquisisce un cliente, far valere i proprio diritti sull’applicazione dell’indennizzo di 40 euro all’ora per ogni ora di attesa oltre al periodo di franchigia (legge 127 del 4 agosto 2010, ndr) e agire su una mentalità che concepisce l’autista come anello debole della catena”.

DANNOSE ATTESE

Scavando nel buio di questa tematica, ci siamo posti una domanda secondo noi fondamentale anche (e soprattutto) per far luce su uno degli argomenti che portano la professione ad essere poco appetibile. Quanto incidono, queste attese, a livello psicologico sui singoli autisti? Abbiamo contattato, e ringraziamo per la disponibilità, la dott.ssa Federica Biassoni, responsabile dell’Unità di Ricerca in Psicologia del Traffico - mobilità, sicurezza e sostenibilità - dell’Università Cattolica di Milano. L’intervista ci regala spunti interessanti su cui riflettere e approfondire.

Come incide, a livello psicologico nel conducente, questo tipo di attesa?
Bisognerebbe distinguere il vissuto di ognuno. Ci può essere chi apprezza un’attesa di questo genere, ma immaginiamo che per la maggior parte dei conducenti professionali l’attesa sia vissuta come un tempo morto. Questo, da un punto di vista cognitivo, significa staccarsi dal compito della guida per un tempo lungo, fattore che porta a mettere in stand-by alcuni processi come l’attenzione, la concentrazione e la valutazione del rischio. Inoltre, come già detto, i tempi si allungano e, quando si tornerà a guidare, si sarà già attivi sul lavoro da tempo. Così la variabile della stanchezza influirà maggiormente. Sul piano emotivo, invece, qualcuno può vivere questi momenti come un’oasi di relax, mentre altri possono sentirsi annoiati, frustrati, infastiditi, stati emotivi che vanno ad impattare sui processi cognitivi come ad esempio l’attenzione. Quando siamo arrabbiati, il nostro campo d’attenzione si restringe e siamo meno abili nel monitorare l’ambiente circostante. Infine, sul piano motivazionale, c’è chi vive questa attesa come un’imposizione e chi, invece, la giudica parte integrante del proprio lavoro.

Come incide il tempo di attesa sul conducente e sugli utenti stradali quando il primo si rimette alla guida?
Dopo l’attesa si tratta di “riaccendere il motore” anche dal punto di vista mentale. Dunque, in poche parole, occorre tornare ad un livello di attenzione adeguato al tipo di guida,
ed avere la capacità di concentrarsi per un tempo lungo. Tuttavia, minor attenzione e concentrazione possono essere causa di difficoltà a percepire e a rispondere correttamente al pericolo, con tempi di reazione inevitabilmente più lenti. Passiamo ora alla sfera privata di un camionista. Dopo una giornata così stancante al lavoro si ritorna a casa dai propri affetti. Qual è lo stato d’animo? Si arriva a casa stanchi, avendo risposto a tante richieste lavorative in termini di attenzione, concentrazione, prontezza di reazione e gestione delle aspettative. A livello emotivo, inoltre, potrebbero essersi verificate situazioni stressanti. Il modo in cui tutto questo impatta sulla vita di ognuno è soggettivo, ma certamente si torna a casa avendo fatto fronte a delle situazioni di stress, cognitivo ed emotivo, che hanno letteralmente “spremuto” l’autista.

Ci possono essere dei possibili rimedi per limitare tale stress?
Occorrono studi più approfonditi per capire. Andiamo per step. Per prima cosa bisognerebbe condurre delle analisi per comprendere quali siano i ritmi lavorativi più sostenibili, più adeguati per conservare il benessere e la miglior efficienza degli autisti; abbiamo ad esempio bisogno di capire cosa cambia tra un’ora e quattro ore di pausa, e come queste differenze impattano sulle persone. Una volta acquisiti questi dati si dovrebbe passare a modulare il lavoro tenendo conto dell’impatto dei tempi di guida e di riposo sui conducenti professionali. Si potrebbe poi pensare di utilizzare queste attese per proporre delle attività di beneficio per l’autista, come training e formazione, oppure attività di promozione del benessere, che risulterebbero essere un plus per l’utente.

Esistono degli accorgimenti per tenere l’attenzione alla guida sempre alta?
La nostra mente funziona per cicli. L’attenzione può essere mantenuta per un periodo e poi naturalmente decade, ne consegue che c’è bisogno di un cambiamento di attività. Si può quindi staccare l’attenzione da quello che si sta facendo per un breve periodo, come permettono i tempi di riposo obbligatori. Su questo punto, un ruolo fondamentale lo gioca la formazione, che vada però al di là del contenuto tecnico e che permetta alle persone di diventare consapevoli di come “funzionano” quando sono alla guida. Consapevolizzare su cosa succede a livello mentale durante una distrazione, potrebbe aiutare a comprendere davvero l’impatto e le conseguenze del proprio comportamento
alla guida.

GENESI PORTOGHESE

In principio fu il Portogallo. L’origine di tutto. Già, perché il Paese del bacalhau ha deciso, da un anno a questa parte, di normare tutto quello che attualmente in Europa (e lo vedremo a brevissimo) è solo accennato. La finalità di questo cambiamento? Efficientare l’economia del Paese. Con la norma, infatti, si punta a ridurre il tempo perso durante il carico e lo scarico delle merci, dove l’attesa dovrà durare un massimo di due ore. In caso contrario, scatta la multa. L’abbiamo fatta semplice per arrivare al punto: qui l’autista è tutelato: non sarà lui, infatti, a compiere operazioni di carico/scarico delle merci (bensì altri lavoratori). L’azienda in cui si svolge l’operazione dovrà, invece, fornire servizi igienici curati. A verificare la regolarità del tutto sarà l’Istituto statale di Mobilità e del Trasporto (IMT) e l’Autorità nazionale sulle condizioni di Lavoro. Abbiamo già visto la situazione della Spagna, mentre cosa accade negli altri paesi che rappresentano il cuore dell’Europa? In Germania, secondo il codice commerciale, il mittente deve caricare e fissare la merce in modo sicuro, mentre accordi e regolamenti contrattuali possono portare alla responsabilità del carico/scarico da parte del vettore o, in alternativa dell’autista. In Francia, l’articolo 7 del Regolamento dei Trasporti afferma che lo scarico della merce è a carico del destinatario, ma anche qui chi tutela l’autista? Alla fine tutto gira intorno a questa, al mettere al centro chi contribuisce a muovere l’Italia ogni giorno. Se, da una parte, i governi sono attenti ad indirizzare ogni sforzo alla valorizzazione della sostenibilità economica del Paese, dall’altra non occorre dimenticare il lato umano. Ecco perché le aziende, diventano in questo sempre più strategiche e decisive, promuovendo decisioni e comportamenti che ridiano dignità alla figura dell’autista e di tutto il cluster.



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